Carlo Milani (1977) esplora il concetto di paesaggio in modo nostalgico, poetico, per riprodurre il dialogo tra le prove della fotografia e l’idealismo della pittura.
Cresciuto in una casa piena di libri di mitologia e arte, dice che il dialogo tra antico e contemporaneo è inscritto nella sua biografia: è passato dagli studi classici alla comunicazione web, convinto che la conoscenza di lingue diverse sia richiesta per la creatività. Vuole creare un mix di tecnologia moderna e vecchi contenuti, medium contemporaneo e sostanza storica.
Il tempo e la memoria sono due coordinate per leggere i suoi lavori. Contestando la divisione tra memoria ed esperienza, Milani vuole amplificare lo stupore dello spettatore proponendo tranquille ambientazioni poetiche che preludono a un viaggio onirico.
Le sue immagini, infatti, sono spesso classificate come “romantiche” perché sembrano incarnare alcune delle idee che hanno ispirato poeti, pittori e filosofi dell’Ottocento: un rapporto intimo con la Natura, che assume un valore sacro rispetto alla rumorosa scena urbana ; il desiderio di scoprire umili rifugi nel mondo globalizzato; una ossessiva ricerca della bellezza come cammino verso la verità.
Facendo riferimento al Romanticismo, ci offre uno sguardo intimo sul paesaggio: piuttosto che presentare una realtà fattuale, le sue opere stabiliscono un legame tra il presente del paesaggio e quello immaginato dal suo ideatore.
L’uso di texture, che a quanto pare avvicina la superficie fotografica a una tela di Turner o di Constable, mira a spogliare la grinta dello scatto, per permettere allo spettatore di entrare in una scena ideale, senza tradire l’autenticità del luogo che ha suscitato questa visione.